Il lato nascosto dei dolcificanti: tra biologia, fame e disconnessione
Vediamo cosa dice la scienza
Dtt.ssa Sara Mileva
5/8/20244 min leggere
Dolcificanti senza calorie: davvero aiutano a controllare l’appetito?
Caro lettore,
nell’era del “senza zucchero”, i dolcificanti non calorici sembrano la scelta perfetta: zero calorie, stesso gusto, nessun impatto sulla dieta. Ma sempre più studi ci invitano a fare attenzione perché ciò che sembra neutro dal punto di vista calorico, può non esserlo affatto a livello cerebrale e metabolico.
Uno studio pubblicato su Nature nel 2025 da Chakravartti et al. ha analizzato l’effetto del sucralosio sul cervello umano in relazione al peso corporeo. E i risultati sono tutt’altro che “light”.
Il cervello non si lascia ingannare
I ricercatori hanno osservato, tramite fMRI, le risposte cerebrali di 76 adulti dopo aver assunto:
una bevanda con sucralosio (dolcificante non calorico),
una con zucchero vero (glucosio),
o acqua (placebo).
Il risultato? Il cervello riconosce la differenza tra zucchero e dolcificante. Il sucralosio attiva molto meno le aree legate alla ricompensa (insula, corteccia orbitofrontale, nucleo accumbens), e questo effetto è ancora più marcato nei soggetti con sovrappeso o obesità.
Di conseguenza, molti partecipanti riferivano aumento dell'appetito dopo il consumo di dolcificanti, con una maggiore attivazione delle aree visive e limbiche in risposta a immagini di cibo. Come se il corpo dicesse: “Mi hai dato il gusto, ma non la sostanza”.
Questa osservazione conferma quanto già mostrato da Swithers (2013): i dolcificanti alterano la relazione tra sapore dolce e apporto energetico, scollegando il gusto dalla risposta metabolica e promuovendo, a lungo termine, aumento della fame e disregolazione del metabolismo energetico.
Cervello, dolcificanti e “falsi segnali”
Quando assumiamo dolcificanti non calorici come la saccarina, il sapore dolce viene percepito, ma non arriva energia reale al cervello. Questo crea confusione nel sistema nervoso centrale, che si aspetta un apporto energetico in linea con il gusto percepito. In termini di neurobiologia si parla di "fake signals": segnali fittizi che ingannano il cervello.
In risposta, il cervello abbassa l’espressione dei trasportatori del glucosio (come il GLUT-1), riducendo ulteriormente l’ingresso di energia nei neuroni. Questo può portare a lungo andare a:
perdita di connessioni sinaptiche;
alterazioni nella percezione della fame e della sazietà;
deficit cognitivi nel lungo periodo.
Lo squilibrio quindi, non si limita al metabolismo, ma si estende alla funzione cerebrale, al comportamento alimentare e persino all’umore.
Fame “finta”, risposta reale
Quando il cervello riceve una sensazione dolce ma non l’energia corrispondente, entra in confusione: si attivano risposte compensatorie per ricercare cibo vero.
Questa teoria è stata rafforzata anche da Rogers et al. (2016), in una revisione di 56 studi clinici: i dolcificanti non calorici non sempre aiutano nel controllo del peso. In molti casi, al contrario, si osserva un aumento dell'apporto calorico complessivo, perché viene meno il senso di appagamento.
E non è solo una questione di comportamento alimentare: Yang (2010) ha dimostrato come l’uso cronico di dolcificanti artificiali sia associato a disfunzioni metaboliche, alterata percezione della sazietà, e interferenze nel microbiota intestinale.
Anche il microbiota, infatti, risente di questi segnali contrastanti. Secondo Palmnäs et al. (2014), il sucralosio può alterare la composizione del microbiota intestinale, peggiorando la tolleranza al glucosio e aumentando l’infiammazione sistemica.
Cosa dice la PNIc
Dal punto di vista della PNI clinica, tutto questo conferma un principio fondamentale: non possiamo ingannare la nostra biologia.
La dolcezza senza contenuto confonde il cervello, altera i segnali di fame e sazietà, attiva lo stress metabolico e può promuovere infiammazione.
La PNIc infatti, lavora sulla coerenza tra segnale e risposta biologica. Non si tratta solo di togliere zuccheri in eccesso, ma di riconnettere il corpo ai segnali reali di nutrimento e soddisfazione. Quando introduciamo nel corpo un'informazione dolce "vuota", creiamo un conflitto tra aspettativa e realtà biologica.
La mia riflessione clinica
Nella clinica tante persone con grande impegno hanno sostituito lo zucchero con dolcificanti pensando di salvaguardare la loro salute, ma poi si sono sentiti tutti più affamati, più irritabili e meno soddisfatti.
E allora vi chiedo: davvero abbiamo bisogno di inseguire il gusto dolce a ogni costo? Oppure è arrivato il momento di educare il nostro cervello a riconoscere ciò che lo nutre davvero?
Lo zucchero non è il nemico ma va assunto con consapevolezza, conoscendone gli effetti e osservandoli nel proprio corpo e soprattutto, la salute non è fatta di scorciatoie ma di scelte coerenti con la nostra biologia profonda.
I dolcificanti non calorici sono spesso ben nascosti in tantissimi alimenti che vengono percepiti come sani, leggeri o “senza zucchero”.
Ecco alcuni dei prodotti più comuni in cui è facile trovarli:
Bevande “zero” o “light”
Yogurt magri o 0% grassi
Gomme da masticare senza zucchero
Caramelle “sugar free”
Barrette proteiche ed energetiche
Integratori sportivi e preworkout
Prodotti per diabetici
Gelati “light” o “senza zucchero”
Sciroppi e pastiglie per la tosse
Dolcificanti liquidi o in bustine
Acque aromatizzate
Snack e prodotti “keto” o “low carb”
Cereali “fit” o “senza zuccheri aggiunti”
Dessert confezionati “wellness” o “functional food”
Controlla sempre l’etichetta:
Cerca termini come aspartame, sucralosio, acesulfame K, stevia, eritritolo, xilitolo, maltitolo, sorbitolo… anche se a volte vengono indicati solo come “edulcoranti”.
Ricorda che il marketing punta molto su parole come “senza zucchero” o “light”, ma questo non significa che il prodotto sia privo di impatto biologico o metabolico.
Informarsi e leggere con attenzione è già un primo atto di consapevolezza.
📃 Bibliografia
Chakravartti, A., et al. (2025). Non-caloric sweetener effects on brain appetite regulation in individuals across varying body weights. Nature. https://doi.org/10.1038/s41586-025-00000-x
Swithers, S.E. (2013). Artificial sweeteners produce the counterintuitive effect of inducing metabolic derangements. Trends in Endocrinology & Metabolism.
Rogers, P.J., et al. (2016). Does low-energy sweetener consumption affect energy intake and body weight? International Journal of Obesity, 40(S1), S1–S52.
Yang, Q. (2010). Gain weight by “going diet”? Yale Journal of Biology and Medicine, 83(2), 101–108.
Palmnäs, M.S.A., et al. (2014). Low-dose aspartame consumption differentially affects gut microbiota-host metabolic interactions in diet-induced obese rats. PLOS ONE, 9(10), e109841.